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Una scelta di vita e d’amore: la storia di Loris e Raffaella

Una scelta di vita. E, d’amore: la storia di Loris e Raffaella. Sono tanti, i ragazzi e le ragazze che, ‘feriti’ interiormente; ‘affetti’ da conflitti esistenziali, alla continua ricerca di un loro preciso posto nel mondo, di un luogo, dove potersi liberamente esprimere ed essere se stessi, di uno spazio in cui crescere emotivamente e umanamente, hanno sentito la ‘chiamata’ di Cristo.

I dati, raccontano che, un deciso incremento nelle vocazioni, si è registrato durante e dopo il Covid. Il virus che, da fine gennaio 2020 e per oltre due anni, ci ha tenuti lontani l’uni dagli altri, ci ha costretti a lunghe giornate chiusi in casa, ci ha negato baci, abbracci, carezze, strette di mano e tutti gli altri gesti di affettuosità, in tanti ragazzi e ragazze, ha determinato diversi “disorientamenti emotivi”. E, una via d’uscita, l’hanno trovata nella preghiera, nell’incontro con Cristo, nella fiducia in Cristo. Loris e Raffaella, sono due esempi di questa “chiamata”.

Loris, 24 anni, nato a Giarre, trasferitosi a Roma per frequentare l’Università, figlio di genitori separati, appassionato di Ingegneria Meccanica e grande tifoso della Fiorentina che, prima dell’esplosione del virus, seguiva con regolarità, mentre stava rientrando a casa, dopo una giornata in ateneo, ha sentito il bisogno di entrare in chiesa, passandoci un paio d’ore. In quel momento, il sacerdote che, stava celebrando la messa, teneva la sua omelia, sull’essere dono, sull’importanza di sentirsi “figli di Dio”, sulla magnifica esperienza di incontrare Cristo.

Su queste parole, Loris, ci ha riflettuto a lungo. Lui, nato in una famiglia, credente ma, poco o per nulla praticante, per diversi giorni, non ha fatto altro che documentarsi su queste parole. La Bibbia, così come il Vangelo, non li aveva mai letti, ne aveva, per così dire, sentito parlare ai tempi del catechismo preparatorio per la prima comunione e la cresima e quando al nonna, alcune domeniche lo “trascinava” a messa.

La svolta, avviene tramite la Tv. Una sera, facendo zapping, si lascia incantare da un giovane prete, ospite di una trasmissione televisiva. Quel sacerdote, don Luigi Maria Epicoco, prete presso la Chiesa di San Francesco di Paola a L’Aquila, proprio in quella trasmissione televisiva, sta raccontando la sua esperienza, sta raccontando la sua scelta di essere prete, sta spiegando il senso di essere “inutile”.

“La gente pensa che – questa la testimonianza di don Luigi, classe 1980, teologo, filosofo, nonché scrittore, fare il prete sia un mestiere. Uno che magari si sveglia la mattina ed è convinto di poter mettere su una “bancarella” per vendere parole, benedizioni e santini. Uno pensa che basta mettersi una tonaca e la magia è fatta. Ma la tonaca non funziona se sotto non c’è un uomo, un uomo che sa che è il più miserabile di tutti, eppure è stato scelto. Non si diventa preti per essere benvisti. Si diventa preti per essere servi “inutili”, servi gratuiti. L’amore salva solo se è gratuito. È questo lo scopo di ogni vero amore: amare senza contraccambio. Amare a fondo perduto. Amare e basta.

Fare il prete – concluse don Luigi in quella sua intervista – non è un mestiere, è un modo di amare”. “Le parole di quel prete – ci dice Loris, con gli occhi luccicanti – quella sera, mi hanno “nutrito”, mi hanno fatto sentire come non mi ero mai sentito prima. Mi hanno riempito di pienezza di gioia. E, hanno orientato la mia scelta”. Loris, ha sospeso gli studi e, tramite amici di famiglia, è arrivato a Cosenza e si è iscritto al seminario di Rende. Qui, tra preghiera, studi, meditazioni e confronti quotidiani con tanti preti e frati, ha capito il suo destino, ha compiuto la sua scelta. Ha deciso di unirsi a Cristo.

Identico, il percorso di Raffaella. Lei 25enne, cosentina di nascita, deve la sua “svolta” a suor Anna Nobili, conosciuta tramite sua zia Eleonora, residente a Roma e attivissima nel mondo del volontariato capitolino. Suor Anna Nobili, della Congregazione delle suore operaie della Santa Casa Di Nazareth, è un’ex cubista nelle discoteche della capitale, diventata suora, nonché direttrice della Holy Dance School di Palestrina a Roma.

Suor Anna, ha unito le sue grandi passioni: il ballo e Dio, insegnando a pregare il Signore, servendosi della danza. Sin da piccola covava questa passione per il ballo. Balbuziente fino ai 22 anni e con un grande vuoto d’amore, Anna, allora adolescente, vedeva la danza come un modo per esprimere ed essere sé stessa.

Questo suo hobby divenne improvvisamente un lavoro. Iniziò ad essere chiamata a ballare in televisione, poi nei pub e infine nelle discoteche di Roma e Milano. Anna aveva capito che attraverso il ballo, poteva ricevere tutto quello che da bambina non aveva ricevuto: attenzioni, carezze, ascolto. Tutto quello che, Raffaella si è resa conto, mancasse anche a se stessa.

“E’ stata suor Anna – ci racconta Raffaella, mostrandoci il suo sorriso senza confini, a farmi capire di lasciare tutto quello che non mi rappresentava, non mi “saziava” emotivamente e seguire Gesù. Lui mi ha mostrato la vera me stessa, mi ha fatto capire di essere una vera perla e che il Suo amore per me è incondizionato. Raffaella, ha preso i voti e fa parte della “squadra” di Suor Anna. Con lei, – dice Raffaella – giro l’Italia. E, ogni volta è un’esperienza bellissima, riempitiva, travolgente e avvolgente sentire suor Anna “evangelizzare” con la sua storia e negli occhi di tanti dei giovani che incontra legge quel vuoto che lei aveva a 22 anni.

Più di 10 anni fa, a Palestrina, vicino Roma, Suor Anna, ha aperto una scuola di danza cristiana. Un progetto di evangelizzazione a passo di danza. Ad incoraggiarla a dare lezioni di ballo fu il Vescovo. Lei era scettica: va bene ballare, ma quanti sarebbero stati disposti a farlo attraverso la parola di Dio? Ha iniziato con due bambini, dopo due mesi c’erano già trenta giovani, ora ha più di cento allievi. E, balla sulle note della gioia. Quella che deriva, le viene da Cristo.

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