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Premio Sila ’49, presentato Jazz Cafè di Raffaele Simone – INTERVISTA

Le belle serate in libreria. È ormai un must, quello delle presentazioni dei libri che fanno parte della Decina 2024 del Premio Sila. E ieri, alla Ubik di Cosenza, a respirare questa bella atmosfera letteraria è stato Raffaele Simone. Lo scrittore ha parlato della sua raccolta di racconti contenuti in “Jazz Cafè”. Stimolato dall’introduzione della direttrice del Sila, Gemma Cestari, dal docente universitario, Battista Sangineto, e dalle tante domande del numeroso pubblico.

“Come ha osservato Romano Luperini, critico illustre, mio vecchio amico e componente della giuria del Premio Sila – ha affermato Raffaele Simone – i racconti di “Jazz Cafè” sono collegati tra loro e in un certo senso raccontano sempre la stessa storia con facce diverse. È un’osservazione molto giusta e un fatto di cui non ero reso conto. Questi racconti hanno ciascuno un plot. Scrivendo queste storie, sviluppando questi plot, ho cercato costantemente di infilare uno sfondo silenzioso ma al tempo stesso vibrante: un grande problema. Questa mia intenzione, e credo che sia facilmente intuibile anche ai lettori, mi è stata suggerita da un ricordo di un’osservazione che un grandissimo come Milan Kundera fa nel suo saggio sull’arte del romanzo dove dice – naturalmente parlando di sé stesso – che è un romanzo al respiro quando sotto la trama, o intrecciato alla trama, c’è qualche grande problema!”.

“Tutti i personaggi di questi racconti, o quasi, non sono più giovani – ha detto Gemma Cestari –. Sono persone arrivate, di successo, che hanno raggiunto la fama nel loro lavoro, e anche una certa agiatezza economica. Nel momento in cui vengono raccontati, però, li troviamo alle prese con l’infelicità, alla ricerca di cose perdute oppure mentre impattano con un qualche evento che a un certo punto modifica lo status quo delle loro vite. E non piccole virate: accadono eventi che hanno a che fare anche con qualche crimine. Sono giudici, manager, ingegneri, studiosi con un tratto che li accomuna: una certa infelicità oppure un andare a scavare nelle vicende della loro vita che non hanno funzionato”.

Musica e vita, breaking point e ricerca della felicità. Ne abbiamo chiacchierato un po’ con l’autore di “Jazz Cafè”

Tristezza e inquietudine serpeggiano melliflui nei sette racconti di “Jazz Cafè”, ma è davvero così difficile cercare di essere felici?

È una domanda pesante, questa. I personaggi di questi racconti sono tutti alla ricerca di un frammento di felicità. La sfiorano, ma la perdono quindi in un certo senso è un gioco a nascondere che gli dà la percezione di essere arrivati in un punto saldo o stabile ma poi si rivela fallace. Perlomeno dal punto di vista della rappresentazione sì, è praticamente impossibile cercare di essere felici.

Breaking point. Succede anche nei suoi racconti, c’è sempre un punto di rottura che scatena la ricerca: della felicità, del giusto ordine delle cose, della propria vita…

Qualcuno l’ha notato e mi ha fatto molto piacere che l’abbia notato. “Jazz Cafè” non è un titolo casuale. Il libro ha qualcosa di “jazzato”, come si dice adesso, perché ha delle svolte improvvise, dei cambiamenti di ritmo, delle apparizioni di temi imprevisti. Insomma, nella mia mente non dico che sia una partitura, perché questo sarebbe esagerato, ma sicuramente ha una sua ritmica saggezza alla quale tengo molto.

Improvvisazione, estemporaneità, percorsi ed epiloghi inaspettati… è la vita o è jazz?

Il jazz è una mia passione musicale e molto spesso finisce meglio di come finiscono i miei racconti. Per fortuna…!

 

 

 

 

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