Un’atmosfera di trepidazione e fascino ha pervaso l’aula magna “B. Andreatta” dell’Università della Calabria il 9 ottobre, quando il prestigioso scienziato Luciano Rezzolla ha portato la sua expertise di fama mondiale a un pubblico entusiasta di oltre 600 studenti. L’evento straordinario intitolato “Come fotografare un buco nero“, organizzato dal Dipartimento di Fisica dell’UniCal, ha permesso agli studenti e alle studentesse di immergersi nel mondo affascinante dei Buchi Neri attraverso gli occhi di uno dei principali esperti del settore.
Il Prof. Luciano Rezzolla è noto come il “fotografo” dei buchi neri, ma il suo curriculum impressionante va ben oltre questo titolo. Attualmente, è un professore ordinario di astrofisica presso la Goethe University di Francoforte e ricopre il ruolo di Principal Investigator del progetto BlackHoleCam. Rezzolla è stato uno dei protagonisti della storica collaborazione dell’Event Horizon Telescope (EHT) che ha portato alla prima immagine mai catturata di un buco nero al centro della galassia M87 nel 2019, un risultato di portata epica nella ricerca astrofisica.
Nato a Milano, Rezzolla ha svolto un percorso accademico e professionale eccezionale, laureandosi in fisica presso le Università di Bari e Trieste. Dopo un anno trascorso nella Marina Italiana, ha proseguito i suoi studi presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) e ha conseguito un dottorato di ricerca nel 1997. La sua carriera lo ha portato a lavorare presso l’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign prima di tornare alla SISSA per una posizione di ruolo. Nel 2006, è diventato il capo del gruppo di relatività numerica presso l’istituto Max-Planck per la Fisica Gravitazionale a Potsdam, prima di trasferirsi nel 2013 all’Università Goethe di Francoforte come professore ordinario di astrofisica teorica.
E Rezzolla non è solamente un brillante scienziato, ma è anche un appassionato divulgatore scientifico. Nel 2020, ha pubblicato il suo primo libro come divulgatore, intitolato “L’irresistibile attrazione della gravità,” che offre un’introduzione accessibile alla teoria della gravità di Einstein per un pubblico non specializzato. Il libro è stato tradotto in diverse lingue e ha contribuito a rendere la scienza accessibile a un pubblico più ampio.
La collaborazione tra il Prof. Rezzolla e il Dipartimento di Fisica dell’UniCal, in particolare con il Prof. Sergio Servidio, è stata un elemento chiave nel suo successo: collaborazione ormai protratta da anni da cui, recentemente, nasce un importante articolo scientifico redatto proprio da Servidio e da Claudio Meringolo, dottorando in Fisica.
L’evento, coordinato dal prof. Riccardo Barberi, Capo Dipartimento del Dipartimento di Fisica, è terminato con un breve meeting tra Rezzolla e alcuni studenti e alcune studentesse che hanno voluto porgere delle domande al professore lo stesso che, successivamente, è stato intervistato da Salvatore Giordano, Teresa Armetano e Ludovica Giordano (frequentanti il secondo anno del corso di Laurea Triennale in Fisica) e da Simone Panza (Studente del Liceo Scorza di Cosenza).
Cosa l’ha spinta a scegliere di intraprendere gli studi in Astrofisica?
C’è stato un periodo critico della mia vita in cui non sapevo esattamente cosa volessi fare. Io ho studiato a Bari e mi piaceva molto la Biologia Marina, in particolare i Cetacei. Però poi mi sono accorto che la Biologia Marina che facevano a Bari riguardasse prevalentemente le Cozze e ho detto “No, non è esattamente ciò che mi interessa” e l’altra mia passione era l’astrofisica. Quindi ho scelto di studiare Fisica e, siccome non c’era Astrofisica a bari, sono andato a studiarla lì dove c’era: a Trieste.
Cosa l’ha emozionata di più durante i suoi studi sui Buchi Neri e Stelle di Neutroni?
L’emozione, forse, più forte l’ho provata quando abbiamo visto l’immagine del Buco Nero. Sapevamo cosa aspettarci, ma quando abbiamo visto che quello che ci aspettavamo fosse anche ciò che osservavamo è stato molto emozionante. Oppure quando, nel 2017, rivelarono l’emissione di onde gravitazionali da due stelle di neutroni: ancora una volta delle predizioni che avevo fatto si rivelarono corrette.
Se le si presentasse l’opportunità, accetterebbe di tornare a Bari ma, questa volta, per insegnare?
Tornare in Italia mi è stato offerto tante volte, ma in questo momento non credo che sarebbe la scelta giusta, perché il sistema italiano consente di fare ricerca ma non allo stesso modo di come lo consente il sistema tedesco. Probabilmente rimarrei ancora in Germania, sebbene in Italia abbia molti contatti tra familiari e amici. Sicuramente c’è un grande attaccamento all’Italia, ma non mi reputo un cervello in fuga. Il cervello deve essere come l’acqua corrente: sempre in giro.
Secondo lei quanto è importante saper fare “gioco di squadra” in un team di ricerca?
E’ essenziale avere delle grosse squadre in grado di cooperare, specialmente per fare ricerca di punta. In passato, ad esempio, Einstein poteva elaborare da solo teorie innovative per la sua epoca, ma oggi questo non è più possibile. Se si vuole fare della ricerca, che porti ad abbattere dei muri della conoscenza, è necessario avere delle grosse squadre. E l’Event Horizon Telescope è un esempio: ciò che è stato fatto, appunto, è stato possibile solo perché 200 menti si sono coordinate per farlo.
La Fisica, seppur complessa, ci permette di capire come funziona ciò che ci circonda. E’ possibile, come ad esempio lei ha fatto nel suo libro, renderla accessibile a tutti? E come?
Questa è un’ottima domanda. In genere si pensa che uno scienziato debba fare scienza per i suoi pari, per gli esperti del campo, e non per fare comunicazione, ovvero renderla fruibile a tutta la società.
Dal punto di vista culturale noi siamo stati formati a fare solo disseminazione, ma è qualcosa di sbagliato. Perché è la società che ci paga lo stipendio, e lo dobbiamo alla società se, ad oggi, abbiamo il privilegio di fare un lavoro che ci appassiona. Ed è con la comunicazione della scienza che noi scienziati possiamo ripagarla. E, secondo me, è il dovere di ogni scienziato restituire conoscenza alla società in termini di divulgazione. Ed è proprio su questa base che ho deciso di scrivere il mio libro.
La vita di un ricercatore è fatta di alti e bassi. Si è mai trovato in un vicolo cieco in un progetto di ricerca? Se si come è riuscito ad andare avanti nonostante le avversità?
Quello che ha detto è giusto: ci sono alti e bassi. Ma ciò che non ha detto solo le proporzioni. Io mi trovo completamente in un basso: sono il 95% del tempo, ed il resto è solo il 5%.
E per venirne fuori bisogna essere estremamente motivati, è necessario accettare che le nostre idee non sempre, per quanto affascinanti, siano giuste. Così i nostri articoli, le nostre interpretazioni, e così via.
Se si vuole intraprendere la carriera dello scienziato bisogna essere pronti al fallimento. Ma è proprio in quel 5% del tempo, quando ci si accorge di aver fatto qualcosa di buono, che si viene ripagati totalmente, in termini di energia e motivazione, per ogni sforzo fatto.
Che consiglio si sente di dare a chi vuole intraprendere un percorso nell’ambito della Fisica?
Il mio consiglio è quello di studiare le basi e poi andare a cercare la propria passione: capite ciò che della Fisica si ama di più e muovetevi in quella direzione, anche se ciò comporta l’andare lontano da casa o addirittura all’estero. Perché, nonostante ciò, avrete il vantaggio di andare a lavorare con persone che studiano ciò che realmente vi interessa.