lunedì, Settembre 16, 2024
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Il Cosenza fa “cilecca” anche nel derby: cocente sconfitta per i Lupi

Un altro esame di maturità, sprecato. Che peccato. La cocente sconfitta casalinga nel derby, la seconda consecutiva, dopo quella nella festa dei 110 anni contro la Samp, brucia. E, anche parecchio. Fa male perdere il derby, fa male, dover ancora, per l’ennesima stagione, rinviare la vittoria contro il Catanzaro, fa male, soprattutto, per come è maturata questa sconfitta.

Il Cosenza, ha perso, non solo i punti. Ha perso la testa e, alcune delle sue certezze. Ha perso morale e autostima. E, quel che è peggio, ha perso, speriamo solo per qualche giorno, Tutino. Il bomber dei Lupi, è l’anima, il cuore, il valore aggiunto e la grinta di questa squadra. Tutino, dodici gol messi a segno, tanti assist per la squadra, chilometri e chilometri a fare su e giù per il rettangolo verde e una collezione di pali, ben sette, è l’idolo indiscusso di una città, di un’intera tifoseria, di un ambiente che, è innamorato di lui.

A distanza di 24 ore dal triplice fischio finale (discutibile la gara diretta dal ravennate Fabbri, ndc), la delusione è ancora tanta. I 20mila del “Marulla”, trafitti da Iemmello e da Biasci, sono stati “puniti” dalle solite amnesie caratteriali e mentali di una squadra e dalle scelte (non pienamente comprensibili, ndc) del tecnico Caserta che, ancora una volta, hanno dimostrato di non avere la “cazzimma” necessaria per puntare a traguardi ambiziosi. Rivedendo, mentalmente, il film del campionato, il Cosenza, nonostante un buon organico, aveva dimostrato di “balbettare” negli incontri decisivi.

Era già successo a Catanzaro, come a Genova, sponda Samp, era capitato a Brescia, è successo in casa contro la Feralpi o, sempre al “Marulla”, contro il Pisa. Quello che appare incomprensibile, è la “metamorfosi” kafkiana di questa squadra che, dopo aver dominato a Parma, mettendo alle corde e paura alla capolista e, sfiorando, per almeno tre volte, il “matchpoint” per festeggiare l’impresa contro i ducali, contro i cugini giallorossi, è sembrata diversa.

Forse la disposizione tattica (per l’ennesima volta, il Cosenza ha mostrato tutti i suoi limiti nello schieramento con i due centrocampisti, ndc), forse l’eccessiva posta in palio, forse la pressione di un ambiente caricato a mille, forse, forse, forse. E, pur volendo provare ad aggiungerci, tutti i forse possibili e immaginabili, il risultato finale, non cambierebbe. Volendo trovare alcune scusanti o concedere, come si dice in gergo legale, “attenuanti generiche” al Cosenza, possiamo dire che l’infortunio, dopo appena 9′, di Tutino, la “sindrome”, chissà qual è, di Forte, le tante “sviste” di Fabbri, le ingenuità difensive di Camporese, il palo di Antonucci, la “follia” di Venturi, unitamente ad alcune “letture” tattiche, non pienamente convincenti, di mister Caserta, non hanno aiutato i Lupi.

Anche se, sportivamente parlando, il Catanzaro, oltre a meritare di credere di più nella vittoria, ha dimostrato di essere più squadra, di avere più grinta, di avere più foga. E, sicuramente, più fame. Come, ormai, succede dalla gara di esordio in Coppa Italia contro il Sassuolo, sul banco degli imputati, è, nuovamente, finito Fabio Caserta. Al tecnico di Melito Porto Salvo, non è stata e non viene perdonata la “sua” testardaggine, soprattutto tattica, su un modulo che, a conti fatti, si è dimostrato non adatto al Cosenza.

“Folle”, “ciuccio”, “presuntuoso”, “incompetente”, “maledetto”, “inadatto”, “non da Cosenza”. Sono mesi che, il tecnico deve fare i conti con una “lapidazione” social che, non si è mai attenuata e che, ad ogni passo falso, ritorna, prepotentemente, a far male. All’ambiente e, soprattutto, alla squadra. Metabolizzare la sconfitta contro il Catanzaro, non è e sarà semplice. I Lupi, devono, subito, tornare alla vittoria.

Contro il Cittadella, si dovrà vincere e convincere.

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