Durante la celebrazione delle toghe d’oro organizzata dall’ordine degli avvocati di Cosenza, alla quale hanno partecipato oltre agli avvocati bruzi anche il Procuratore della Repubblica Mario Spagnuolo, che ha incentrato il suo breve intervento sul sistema giudiziario italiano «che ora come ora vive un momento difficile e – aggiunge – nel peggiore dei casi sapremo resistere insieme», la presidente del tribunale Maria Luisa Mingrone, il sindaco di Cosenza Franz Caruso, e il presidente della Camera Penale Roberto Le Pera che è intervenuto molto duramente con una denuncia rivolta alla magistratura e all’avvocatura.
«In una giornata come questa abbiamo il dovere di denunciare che è in corso una massiccia azione, sia mediatica che giudiziaria, indirizzata contro il diritto di difesa» – ha esordito il presidente della Camera Penale, Roberto Le Pera.
«Si è arrivati anche a intimidire mediante i social il legale di Filippo Turetta, professore di diritto penale all’Università di Padova, per costringerlo a rinunciare alla difesa del ragazzo reo confesso del femminicidio di Giulia Cecchettin, poiché la giovane vittima era studentessa di quell’ateneo. E – aggiunge – possiamo dimenticare che a Milano è in corso un processo in cui i difensori, nell’esercizio del diritto costituzionale della difesa del loro assistito mediante la produzione di consulenze tecniche, vengono indagati e i loro studi perquisiti proprio dalla stessa Procura che sta partecipando a quel processo e che gli esiti di tali indagini sono fatti confluire nel fascicolo processuale?».
E incalzando Le Pera dice: «Ma, non andando molto lontano, penso alla Calabria giudiziaria, anzi alla Cosenza giudiziaria. È normale che oggi la Camera penale di Cosenza sia stata costretta a rivendicare il diritto a celebrare i processi – primo tra tutti il processo “Reset” – nei palazzi di giustizia del tribunale territorialmente competente anziché in un’aula bunker edificata in una desolata landa fuori provincia in cui il primo ad essere addotto al sospetto è proprio l’avvocato? Ritenuto così pericoloso da dover abbandonare la propria auto a centinaia di metri di distanza dall’accesso dell’aula e dopo esser ivi giunto, controllato in tutto e per tutto, sempre secondo le prescrizioni delle preposte autorità?».
Le Pera poi ha anche criticato il comportamento di alcuni avvocati, affermando: «Dobbiamo considerare le nostre azioni che legittimano o addirittura alimentano questo tentativo di erodere i diritti degli avvocati. Pensiamo al modo in cui trattiamo la difesa d’ufficio, relegandola a un rito funebre senza passione. Ma, su tutto, come pensiamo di essere percepiti avvocati, nel significato che a questa funzione hanno dato martiri della toga, tra cui Fulvio Croce e il conterraneo Silvio Sesti, se assistiamo a prassi comunicative distorte da parte di taluni avvocati, fortunatamente pochi, in palese contrasto con le regole deontologiche che governano il rapporto con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione? Una vera e propria giungla. Articoli di stampa con l’assenza di nominativi di parti processuali o al più con loro iniziali puntate, compensate però dai caratteri cubitali con cui sono chiaramente riportati i nominativi di taluni avvocati, accompagnati non di rado da servizi fotografici conditi dalla enfatizzazione di eroiche capacità professionali.»
«Questi comportamenti – ha evidenziato ancora il presidente Le Pera – non sono dettati da stringenti esigenze di difesa e non svolgono alcun interesse per la tutela dell’assistito, ma sono solo rivelatori di finalità private che consegnano alla società l’immagine di un’avvocatura scomposta e volgare».
Ed ha aggiunto «pensiamo, anche, a quelle aule di udienza in cui si celebrano procedimenti civili nel cui ambito si notano alcuni avvocati che compaiono non dinanzi ad un giudice ma al cospetto di un giudice, perché tale è l’immagine che si dà al cittadino allorquando l’avvocato, anziché stare tra i banchi dei tutori del diritto, è in piedi, come sugli attenti, di fronte al giudice e al cancelliere, entrambi accomodati. Dignità e decoro dell’avvocatura significa anche rispetto delle forme: l’avvocato deve stare orgogliosamente in aula nei posti in cui siedono i tutori della legalità».
«Soltanto con una incessante autocritica, l’avvocatura potrà difendersi, soprattutto, da quella malsana idea che si annida in alcuni – per fortuna sempre più rari – contesti giudiziari e sociali secondo cui l’onestà intellettuale e l’autonomia culturale di un avvocato dipendono dalla distanza tra le nostre scrivanie e gli assistiti» – la chiosa del presidente della Camera Penale.