Ieri al Beat per un pomeriggio si respirava un’atmosfera internazionale e il palco sembrava quello di Taratatà di Enrico Silvestrin con un ospite d’eccezione. Barry Taylor, fonico del gruppo cult AC/DC, si è esibito con canzoni e racconti in un locale gremito all’inverosimile, supportato da Mario Lopolito, e incalzato con cura e professionalità dal giornalista Camillo Giuliani, Carlo Schiavone e Claudia Lanza. Ma dire solo fonico non rende minimamente l’idea della personalità che si cela dietro l’uomo dal sorriso timido e dolce, e dal viso segnato dai solchi di una vita piena che lo ha portato ad eleggere da tempo anche Cosenza come uno dei suoi luoghi di ritiro spirituale.
Sì, perché il messaggio che traspare dalle parole di Barry, forse ancor più dalle sue azioni, riguarda uno dei temi più nobili della letteratura di ogni tempo: la conversione dell’anima in età matura dopo una vita di eccessi. Ma questo solo apparente paradosso è stato possibile per Barry grazie non solo alla sua naturale indole umanitaria, ma anche al continuo viaggiare che gli ha permesso di incontrare persone di ogni tipo nei luoghi più disparati del mondo. Osservando attentamente, Barry Taylor ci restituisce l’immagine eterna dell’uomo che, con coraggio, un giorno decide di rinunciare improvvisamente al benessere materiale, comprendendo che è attraverso la sofferenza che si può raggiungere la vera felicità. Barry sceglie con piena consapevolezza di dedicarsi al prossimo, seguendo un percorso ascetico antico, quasi baciato da una ben precisa divinità protettrice
Foto di Alfonso Bombini