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Separazione delle Carriere, interviene la Camera penale di Cosenza: la verità che i magistrati non raccontano

La Camera penale di Cosenza analizza criticamente le principali argomentazioni contro la separazione delle carriere dei magistrati. L'analisi, che cita l'esperienza di Giovanni Falcone, smonta quattro presunte "bugie", dimostrando come la riforma non minacci l'indipendenza della magistratura ma anzi garantisca una maggiore terzietà del giudice e una più chiara distinzione dei ruoli

La Camera penale di Cosenza interviene nel dibattito sulla separazione delle carriere giudiziarie, rispondendo alle proteste dei magistrati che vedono questa riforma come una minaccia al loro ordinamento. In un documento articolato, l’organizzazione degli avvocati penalisti ricostruisce punto per punto le principali obiezioni, smontandole con argomenti giuridici e riferimenti alla tradizione migliore della magistratura italiana.

Quattro bugie da sfatare

La presunta perdita di cultura giurisdizionale

I magistrati sostengono che la separazione delle carriere significherebbe perdere una comune cultura giurisdizionale. La Camera penale ribatte che questa tesi è offensiva per l’avvocatura, che pure possiede una profonda cultura giuridica. Lo stesso Giovanni Falcone ricordava come pubblico ministero e giudice abbiano funzioni diverse e non sovrapponibili.

Il rischio di un pubblico ministero “poliziotto”

Altra critica è che la separazione trasformerebbe il pubblico ministero in un “super poliziotto”. La risposta è netta: il pm deve saper dirigere le indagini e verificare l’operato della polizia giudiziaria, mantenendo però un ruolo di parte, diverso da quello del giudice.

L’indipendenza della magistratura

Il timore più diffuso è che la riforma possa sottomettere i magistrati al potere esecutivo. Il documento chiarisce che l’articolo 104 della Costituzione garantisce l’autonomia dell’ordine giudiziario, e che i magistrati rimarranno indipendenti.

Le conseguenze sulle indagini

I sostenitori dell’attuale sistema temono che la separazione limiti la capacità del pubblico ministero di perseguire la verità. La Camera penale ricorda che un pm corretto deve comunque concludere per l’assoluzione quando rilevi l’innocenza dell’imputato.

Verso una giustizia più equa

La proposta non è contro la magistratura, ma mira a distinguere nettamente i ruoli: un giudice sempre più terzo, un pubblico ministero sempre più parte. L’obiettivo è recuperare la fiducia di un’opinione pubblica scossa da migliaia di casi di ingiusta detenzione.

La riforma rappresenta un passaggio cruciale per ricostruire la credibilità di un sistema giudiziario troppo spesso percepito come autoreferenziale. Separare le carriere significa garantire maggiore trasparenza e rispetto dei diritti individuali.

Un messaggio chiaro rivolto a tutti gli operatori del diritto: la giustizia deve essere non solo giusta, ma percepita come tale.

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