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Piero Marrazzo presenta “Storia senza eroi” a Cosenza: politica, verità e segreti di famiglia – INTERVISTA

Piero Marrazzo ha presentato il suo nuovo libro "Storia senza eroi" a Cosenza, presso la Fondazione Premio Sila. Un evento intenso, tra politica, giornalismo e vicende familiari, che ha catturato il pubblico con riflessioni sulla verità, il potere e la responsabilità

Grande partecipazione ieri pomeriggio presso la Fondazione Premio Sila, dove Piero Marrazzo ha presentato il suo nuovo libro “Storia senza eroi”, edito da Marsilio per la collana Specchi. L’incontro ha rappresentato un’importante occasione di confronto su temi centrali come politica, giornalismo e i segreti della sfera familiare, con il pubblico coinvolto in una narrazione avvincente e toccante. L’evento ha visto Marrazzo in dialogo con l’avvocato Enzo Paolini, presidente della Fondazione, in un dibattito senza filtri sui temi trattati nel libro. “Storia senza eroi” racconta un viaggio personale tra segreti familiari, il peso della verità e le contraddizioni del potere, affrontando anche i momenti più complessi della vita dell’autore.

Un racconto tra politica, segreti e verità nascoste

L’avvocato Paolini ha descritto il libro come “una storia di padri e figli, di amore e di scelte non fatte”, definendolo “un intreccio di vicende capace di far riflettere su come un singolo evento possa cambiare un destino”. Marrazzo, dal canto suo, ha parlato di “un romanzo che esplora le ipocrisie e i silenzi della società italiana”, partendo dai segreti della sua famiglia fino alla sua esperienza personale e politica.

Il libro affronta anche il difficile rapporto tra vita pubblica e privata, un tema centrale per Marrazzo, il quale ha sottolineato: “Dobbiamo difendere la politica, il giornalismo e il valore della sfera privata, senza permettere che tutto venga strumentalizzato”.

Il peso delle fake news e la ricerca della verità

Tra gli argomenti trattati, l’autore ha ricordato il cosiddetto “caso dei carabinieri infedeli”, ribadendo come, nonostante le accuse mediatiche, non sia mai stato indagato né raggiunto da un avviso di garanzia. Marrazzo ha parlato del ruolo delle fake news, sottolineando come la disinformazione possa distruggere carriere e reputazioni, spesso senza alcuna base di verità.

La paura e il valore della memoria

Un momento particolarmente intenso dell’incontro si è avuto quando Marrazzo ha parlato del suo rapporto con la paura e la famiglia: “Oggi so che facevo bene ad avere paura, perché il passato della mia famiglia aveva un peso. Scrivere questo libro è stato il mio modo per affrontarla”.

L’evento si è concluso con una lettura toccante di uno stralcio del libro, dedicato alla madre dell’autore. Un momento che ha emozionato il pubblico, ribadendo il messaggio centrale del volume: la ricerca della verità come atto di coraggio e di liberazione.

Tre domande a Piero Marrazzo

“Storia senza eroi” è una riflessione profonda sul valore della trasparenza, della responsabilità e del confronto…

Nel titolo “Storia senza eroi”, cosa intendi per “assenza di eroi” e come questa visione si riflette nel tuo racconto personale e politico?

Io non pensavo mai di scrivere un libro nel quale presentarmi come un esempio, ma come testimone di una storia. La storia di una famiglia che contiene anche elementi della mia esperienza politica e personale, cioè quello che è stato definito il “Caso Marrazzo” che oggi finalmente possiamo definire il caso dei carabinieri infedeli che sono stati condannati per tentativo di ricatto. È fuori dal libro ma è il detonatore ed essendo un detonatore fa sì che io possa aver bordeggiato tra quella che era l’esperienza politica pubblica, giornalistica, senza però mai richiamarla. Perché ho tenuto distinti tutti gli elementi di cronaca, da quelli che invece erano gli elementi di una storia personale.

Come trasformeresti le tue esperienze private in un patrimonio collettivo, e quale ruolo gioca la memoria in questo processo?

Dalla storia, questa sì. Il caso Marrazzo, ma di Piero che fa degli errori: non dire la verità alla moglie, non denunciare al comandante dell’Arma dei Carabinieri. L’errore di non condividerlo con i suoi compagni di partito. Con chi era con me nelle istituzioni – e che mi ha spinto alle dimissioni. Rappresentano un elemento che viaggia parallelo a un altro. Mi sono dimesso per opportunità, non essendo mai stato né indagato né tanto meno processato per quello che era invece il Caso Marrazzo. Era il caso dei carabinieri infedeli, processati e condannati. Io penso che non si è mai riflettuto, mai. Che si è usato lo strumento di potere della sessualità per farmi cadere. Ma questo non è importante perché io sono, come mi ricordano le mie figlie, un maschio bianco, eterosessuale, privilegiato, ma che poi ha trovato una gabbia tra gli affetti delle figlie, la cultura, la storia professionale, per resistere. Non anche le donne contro le quali quotidianamente viene utilizzato ed esercitato lo strumento del potere di potere, della sessualità o contro gli appartenenti alla comunità Lgbtqi Plus. E, nella mia vicenda, la gogna che è stata utilizzata contro le donne transessuali, sex worker, prostitute che sono state sbattute strumentalmente come dei mostri. Tutto fatto perché così l’ipocrisia dei benpensanti trovasse lo strumento per poi giudicare. Ecco perché io credo che il messaggio è che la sessualità nella vita di tutti i giorni viene usata come uno strumento di potere contro le donne. Gli appartenenti alla comunità Lgbt Plus.

Raccontando scandali, segreti e il percorso di caduta e riscatto, quale messaggio speri di lasciare ai lettori in un’epoca in cui la politica e la vita privata sono sempre più intrecciate?

Che ci devono essere delle garanzie sempre, perché non si entri nella vita delle persone. In questo caso, è il racconto di un uomo, il mio racconto, ma che cerco di condividere, cioè condividere la necessità del garantismo, la necessità che ci siano delle regole vere ma deontologiche. Per le quattro famose lettere, anzi per le quattro S, la consonante dello sport, del sesso, della salute e del sangue. Che sia questa la bussola per fare i giornalisti non passando sull’intimità. E lo ripeto, io sono uno che poteva resistere. I giornalisti, i media, coloro che scrivono sui social devono pensare a chi non può resistere a una tale ondata mediatica.

 

 

 

 

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