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Capitol Pil: la Cina è vicina

Nel 1968 presso l’università del Kansas, Robert Francis Kennedy, più conosciuto con il nome di “Bob”, tenne un discorso sul PIL (prodotto interno lordo) di fronte una platea giovane, dalla mente libera e non corrotta, viziata e condizionata dal sistema. Attraverso la maieutica socratica, nella ricerca della verità interiore e la partecipazione attiva del soggetto, nel porre la giusta domanda, Bob evidenziò il legame tra il PIL e il benessere economico del Paese, denunciando un’assenza importante di valori, quali l’onestà, l’etica e la moralità. Qualità per le quali non vi era spazio nel paniere del benessere economico, in quanto poco rilevanti rispetto alla realizzazione personale dell’individuo. Sul PIL, concluse e rimarcò, “Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”.

A tre mesi da quel discorso, Robert Kennedy fu assassinato ed il suo pensiero naufragò su spiagge che, dagli anni novanta ad oggi, portarono guerre economiche e di trincea.

Tenendo ben a mente il discorso di Bob, l’articolo “Nessuno tocchi Cremlino: la cultura espansionistica delle banche” può rappresentare lo snodo delle dinamiche moderne. Politica ed economia si saldano sempre di più, abbandonando i valori fondamentali dell’uomo.

Le ultime vicende politiche passate in sordina, sono gli interessi economici della Cina nell’isola di Formosa (Taiwan). Dopo il fallimento della tentata invasione nel 1950, negata dagli Stati Uniti con l’invio della Settima Flotta, come forza protettiva e deterrente, l’idea di un nuovo tentativo, nel segno di una espansione economica decisamente più  aggressiva, può dirsi concretizzato. Il campanello d’allarme è suonato nella confinante Russia, attualmente impegnata in Ucraina, in guerra contro la cultura occidentale ed espansionistica degli Stati Uniti. La manovra cinese ha già stuzzicato la giovane potenza mondiale, scoperta nel 1492, ad intervenire  pubblicamente, attraverso l’attuale presidente Biden, il quale rilasciando un intervista che suona più come una promessa, non ha esitato a pronunciare “in caso di invasione  della Cina a Taiwan, gli Stati Uniti risponderanno con la forza”. Che dire, se in Ucraina è stata lanciata la pietra e nascosta la mano, adesso la pietra è diventata un meteorite.

“Ogni scarrafone è bell”a mamma soja”. Così come l’Europa ha la sua organizzazione bancaria per gli investimenti infrastrutturali, denominata BERS, anche la Cina ha la sua banca con le medesime dinamiche, aggiornate recentemente con l’attivazione della BRI (belt and road initiative) comunemente identificata come “la via della seta”, un unica via di collegamento marittima e terrestre in Eurasia. È giusto sapere che la AIIB (banca asiatica d’investimento per le infrastrutture), nata con lo scopo iniziale di investire nella regione Asia-Pacifico, si contrappone a quelle organizzazioni quali l’FMI, la Banca Mondiale ecc. ecc., particolarmente “inclini” alle scelte strategiche delle potenze occidentali. La Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture, annovera tra gli stati fondatori diversi paesi europei tra cui l’Italia, la quale partecipa al capitale sottoscritto con una quota pari al 20%. La via della seta pone l’Italia come partner privilegiato per la posizione geografica nel mediterraneo, identificando la città di Venezia come terminale marittimo e prosecutore terrestre. Un accordo economico del valore complessivo di 7 mld di euro, firmato nel 2019.

Accordi commerciali come quello italiano, hanno tagliano fuori gli Stati Uniti, fortemente critici su questa nuova politica espansionistica della Cina, poiché memori dell’ingresso nella WTO (organizzazione mondiale del commercio) nel 2000. L’unico modo per cambiare rotta ad un Europa troppo affascinata dall’est è quello di uno stravolgimento mondiale, ridisegnando i confini commerciali.

Una super potenza come gli Stati Uniti, programma le proprie strategie politiche ed economiche con una visione a lungo termine della durata di mezzo secolo. Considerando i primi anni ’40 del novecento, con l’avvento della seconda guerra mondiale, il ciclo geopolitico termina alla fine degli anni ’90 ridisegnando confini, trattati e posizioni dominanti degne di un gioco di strategia conosciuto con il nome di “Risiko”. Nulla sembra essere mutato nell’approccio internazionale degli USA, sulla falsa riga del passato, il presente pare desideroso di cambiamenti. Se la caduta del muro di Berlino, lo scioglimento dell’Unione Sovietica, la politica espansionistica del pensiero unico occidentale, ha spinto la Russia ad invadere l’Ucraina, la trepidazione del governo finlandese per l’ingresso nella Nato e le dichiarazioni del presidente statunitense sulla Cina gettano benzina sul fuoco.

Sarebbe un azzardo tentare una previsione futura, ma i tasselli del puzzle si stanno avvicinando così tanto che per la forza di attrazione sembrano quasi combaciare. Ciò che è stato abbattuto a fine degli anni novanta si sta ricostruendo sotto forma di linea immaginaria. Una nuova  cortina di ferro, dal polo nord al polo sud, per dividere l’oriente dall’occidente, mirando sempre alla ridefinizione di confini ed accordi economici. Se ciò dovesse accadere, facendo memoria di quanto sta accadendo per la Russia, le prime sanzioni nei confronti della Cina riguarderebbero la sospensione degli accordi commerciali della via della seta, costringendo l’Europa a guardare ad ovest, terra esportatrice di democrazia e benessere economico (!).

Persino il linguaggio del main stream sta subendo cambiamenti, l’europeismo viene masticato e sputato verbalmente in favore di una visione più ampia, un buco nero di incertezze: l’atlantismo.

Facendo dei rapidi calcoli, la strada tracciata porterà entro la fine del 2040 un nuovo cambiamento mondiale, ma con l’avvento della tecnologia che fa viaggiare in tempo reale l’informazione e/o la disinformazione a livello globale, i tempi si potrebbero ridurre di almeno 10 anni. Insomma, siamo sull’orlo di uno stravolgimento epocale e l’orologio dell’apocalisse ha ridotto in secondi la fine del nostro tempo.

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