“Maria Chindamo uccisa e fatta a pezzi, per punizione”: la rivelazione del pentito.
REGGIO CALABRIA – Sequestrata, uccisa e data in pasto ai maiali, dopo essere stata triturata da una trebbiatrice. Questa la fine che avrebbe fatto Maria Chindamo, l’imprenditrice 44enne scomparsa il 6 maggio del 2016 nelle campagne di Limbadi. A rivelarlo alla Dda di Catanzaro è stato il collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, ex componente del clan dei Basilischi, in Basilicata. Maria Chindamo sarebbe stata uccisa per punizione perché si sarebbe rifiutata di cedere un terreno a Salvatore Ascone, indagato per l’omicidio dell’imprenditrice.
Le dichiarazioni di Cossidente sono state acquisite agli atti del processo per le presunte pressioni sul collaboratore Emanuele Mancuso da parte dei suoi familiari per farlo ritrattare. A raccontare a Cossidente i fatti legati alla scomparsa di Maria Chindamo sarebbe stato proprio Emanuele Mancuso, figlio del boss Pantaleone. Quello che all’inizio era solo un’ipotesi investigativa, adesso potrebbe essere una pista concreta.
Rapita davanti casa, uccisa e fatta a pezzi
A rapirla e ucciderla, sarebbe stato, secondo Antonio Cossidente, Salvatore Ascone detto «u Pinnularu». L’uomo abita di fronte la tenuta di Maria Chindamo è stato arrestato a luglio e poi scarcerato, perché per i magistrati della procura avrebbe manomesso il sistema di videosorveglianza installato nella sua abitazione orientata proprio sull’ingresso della proprietà dell’imprenditrice.
Particolari macabri
La donna caricata con forza su un furgone, sarebbe stata portata in una casa colonica, uccisa e poi buttata in un terreno, stritolata con la trebbiatrice. Successivamente data in pasto ai maiali, tenuti a digiuno da parecchi giorni. In questi quattro anni i carabinieri anche con l’aiuto del Ris hanno ispezionato casolari e messo sigilli a decine di macchine agricole e autovetture, per tracce ematiche della donna. Sono stati utilizzati finanche i cani molecolari fatti arrivare dalla Questura di Palermo, ma senza risultati.
L’organizzazione del rapimento
Il piano per rapire Maria Chindamo fu organizzato nei minimi dettagli. I sequestratori l’hanno attesa davanti al cancello dell’azienda. Sapevano dell’appuntamento che la donna aveva con alcuni operai che dovevano svolgere dei lavori. La donna, forse, conosceva i suoi sequestratori, tanto da non insospettirsi di nulla, vedendoli davanti al cancello. Ha fatto in tempo solo ad aprire la portiera della macchina prima di essere aggredita. Maria Chindamo è stata ferita o si è ferita nel tentativo di divincolarsi. Tracce di sangue della donna sono state rilevate all’interno dell’ auto e sulle pareti del muro di cinta dell’azienda.
Il suicidio del marito
La scomparsa dell’imprenditrice è avvenuta nella ricorrenza del suicidio del marito Ferdinando Punturiero, impiccatosi pochi giorni dopo che la coppia aveva deciso di separarsi. Una circostanza che sul momento aveva fatto pensare gli inquirenti a una ritorsione da parte dei parenti del marito nei confronti della donna. La pista non portò, però, a nessun risultato. Diverse lettere anonime fatte recapitare in questi anni all’avvocato Nicodemo Gentile, legale della famiglia, e a un sacerdote della zona, indicavano circostanze e personaggi che avrebbero potuto avere avuto un ruolo nella sparizione della donna. Le rivelazioni del collaboratore di giustizia Antonio Cossidente aprono oggi un nuovo scenario sulla morte dell’imprenditrice.